La valle del fiume Anapo: L'Anapo - il cui nome, di origine greca, significa "invisibile" - nasce nel territorio di Palazzolo Acreide dalle sorgenti di Guffari sul Monte Lauro, e scorre inizialmente in una vallata intensamente erosa, che si allarga e si restringe. All'altezza dell'abitato di Palazzolo, la valle dell'Anapo incomincia ad assumere la caratteristica conformazione a canyon, incassandosi fra strati di rocce dure in cui ha inciso tortuosi meandri dalle ripide e strette pareti, noti come gole di Pantalica. E' in questo tratto, dopo il ponte di Cassano-Ferla e i meandri di contrada Giambra, nel comune di Sortino, che si trova la necropoli di Pantalica, una delle più estese del Mediterraneo con il suo alveare di migliaia di tombe distribuite lungo la parete rocciosa, usata dalla preistoria all'epoca paleocristiana. Oggi gran parte della valle dell'Anapo, compresa l'area della necropoli, è protetta dalla Riserva Naturale Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente Cava Grande, istituita in seguito all'approvazione di una legge regionale che inserisce l'area fra quelle di primario interesse naturalistico. Dal punto di vista naturalistico, predomina una vegetazione a macchia arbustiva; nel fondovalle, a tratti boscoso, si incontrano i caratteristici platani orientali, pioppi neri e bianchi, salici, e un ricco e odoroso sottobosco; i versanti meno ripidi sono colonizzati, fra ampi querceti, dai lecci. Negli ambienti più aperti spettacolare è il tripudio delle fioriture primaverili, con iris, crochi, asfodeli e numerose specie di orchidee selvatiche. La zona è popolata da mammiferi (volpi, conigli, donnole, martore, istrici), uccelli (falco pellegrino, poiana, aquila del Bonelli, nibbio reale, codibugnolo, merlo acquaiolo), rettili, tra cui spicca il colubro leopardino, e insetti, tra cui si segnala la libellula nera. Una serie di sentieri consente di risalire la vallata, chiusa alle auto, fino a raggiungere l'area archeologica di Pantalica. L'insediamento di Pantalica si è sviluppato sullo sperone alla confluenza tra la valle del torrente Cava Grande e la Valle dell'Anapo; lo sperone è collegato al retrostante altopiano solo mediante uno stretto istmo, la Sella di Filipporto, o "Porta di Pantalica". Il dosso incombe con altissime balze a strapiombo sul letto dei due corsi d'acqua, incuneati in strette gole. La vasta scenografia delle cinque distinte necropoli, testimonianze della città protostorica, è scandita da migliaia di tombe a grotticella ricavate nelle pareti rocciose. Le più antiche (la necropoli nord-ovest e la vasta necropili nord) risalgono ai secoli XII-XI a.C., mentre le più recenti (i gruppi laterali di Filipporto e della Cavetta) sono databili ai secoli fra il IX e l'VIII a.C.. Dell'antico abitato sono visibili i resti megalitici del palazzo reale, o anaktoron (VIII secolo a.C.), nel punto centrale del pianoro da cui si dominava la valle, e le fortificazioni della Porta di Pantalica. La città fu fondata da popolazioni indigene pregreche provenienti dalla costa e si sviluppò a cavallo dell'età del Bronzo e della prima età del Ferro. Il nome Pantalica è tuttavia di età bizantina (fase storica di cui si conservano numerose vestigia: abitazioni, minuscole chiesette e oratori); il toponimo antico non è reso noto dalle fonti storiche: secondo alcune ipotesi Pantalica potrebbe identificarsi con l'antica Hybla, principale insediamento dell'area in epoca pregreca. La valle del fiume Tellaro: Il fiume Tellaro anticamente chiamato Eloro nasce alle pendici del monte Petritto, zona Monte Lauro, e riceve le acque dei torrenti Muscia, Montesano, Gisira, Tellesimo, Bianco e del Gaetanì Il fiume si inoltra nell´ampia vallata dominata dai contrafforti di Palazzolo Acreide e dopo un percorso di 45 chilometri sfocia all´imbocco della Val di Noto, nel Mare Ionio nei pressi di Eloro, antica colonia greca. La vallata del Tellaro un tempo aveva una folta vegetazione costituita da ombrose selve di querce che si estendevano fino alla vicina valle dell´Anapo. Oggi restano solo degli esemplari sparsi di roverella o cerro in zone spesso non accessibili. Il fiume, incassato in un letto di argilla fangosa, segna il confine tra le provincie di Siracusa e Ragusa. Durante i mesi invernali, un tempo, chi abitava oltre il Tellaro, tra Falabia, Ciurca e Benesiti restava imprigionato dal fango e dalla piena del fiume, privo di ponti e di guadi attraversabili con carri. I primi che riuscivano a raggiungere Palazzolo annunciavano la primavera. Ariosa e ridente è la zona di Castelluccio, nella cui valle si stende una vasta e fertile piana , fitta di lentischi, cerri, olivastri, mandorli e carrubi che qui crescono maestosi e lussureggianti. Queste contrade con tante colline che si adagiano al Tellaro per risalire rapide da un versante all´altro hanno un particolare fascino ed appaiono nuovi ed insoliti. Da esse lo sguardo può spaziare su ampi contesti che sfumano lontani fino a fermarsi all´orizzonte sulla lunga catena degli Iblei. La valle del fiume è ampia e rigogliosa e i pendii delle colline soprastanti sono prevalentemente uniformi interrotti solo dai solchi di deflusso delle acque dove si addensa la vegetazione riparia. Le acque del fiume inizialmente limpide e chiare diventano limacciose e verdastre nell´ultimo tratto per la presenza di vegetazione in decomposizione. L´area della foce è sede di importanti resti archeologici, non del tutto riportati alla luce appartenenti forse all'antica Città greca di Eloro. Nel 1971, in un fertile comprensorio agricolo, su una bassa elevazione presso il fiume Tellaro, sotto una masseria sette-ottocentesca è sta rinvenuta una villa romama dai magnifici mosaici essa è costituita da: Il corpo centrale della villa, più piccola di quella di Patti, si articola intorno ad un vasto peristilio. Il tratto del portico sul lato settentrionale presentava una pavimentazione a mosaico con festoni d’alloro che formano cerchi e ottagoni con i lati inflessi includenti motivi geometrici e floreali e su di esso si affacciano altri due ambienti che conservano i mosaici figurati. Nel primo di questi ambienti il mosaico, molto danneggiato, conserva un pannello con la scena del riscatto del corpo di Ettore: Ulisse, Achille e Diomede, identificati da iscrizioni in greco, sono impegnati nella pesatura del cadavere dell’eroe. La figura di Priamo è perduta; il corpo di Ettore, frammentario, si trovava su un piatto della bilancia; l’oro del riscatto era nell’altro piatto. Quest’episodio, non ricordato nell’Iliade di Omero, deriva probabilmente da una tragedia di Eschilo. Il pavimento musivo del secondo ambiente presenta una scena di caccia, con un banchetto all’aria aperta tra gli alberi ed una figura femminile interpretata come personificazione dell’Africa. Le scene del secondo ambiente richiamano i mosaici di caccia della Villa del Casale a Piazza Armerina, ma con figure più stilizzate e bidimensionali, dalle proporzioni incerte, che rendono l'effetto grandemente diverso. Probabilmente i mosaici sono opera di maestranze africane. Sulla base dell’evidenza numismatica, i mosaici vennero realizzati dopo la metà del IV secolo d.C. A sud della foce si trova, l´oasi naturalistica di Vendicari.